Delegazione dell'Unione Astrofili Italiani
per la Provincia di Trieste
30 Doradus è il nome con il quale dai cartografi celesti del XIX secolo venne identificata una stella presente nella "Grande Nube di Magellano" che, a differenza delle altre, non appariva puntiforme, netta, bensì sfocata. Questo è, infatti, l'aspetto di quella che è il più vasto complesso di nubi di gas e polveri dell'intero gruppo locale di Galassie: stiamo parlando della nota Soprannominata la "nebulosa tarantola", nomignolo a questa affiliato a causa dei numerosi filamenti con le quali appariva, e ancora oggi appare, all'osservazione diretta effettuata con piccoli e grandi telescopi. La densità dell'idrogeno e di altri gas è tale che in tale nebulosa si sviluppano intensi episodi di formazione stellare, che danno origine a stelle molto massicce. Alcune di queste qui rilevate, anzi, figurano tra le più massicce stelle ad oggi conosciute.
L'ultima immagine rilasciata dal team del James Webb Space Telescope ritrae proprio l'area centrale di questo immenso complesso nebulare, il cui diametro di estendersi quasi per 3.000 anni-luce da un capo all'altro; giusto per avere un'idea su questo "mostro" di cui qui parliamo, se la nebulosa tarantola fosse situata alla stessa distanza della nota "nebulosa di Orion", lontana circa 1.340 anni-luce dal Sistema Solare, la sua luminosità sarebbe tale da proiettare ombre alla superficie del nostro pianeta, coprendo un'area nel cielo grande svariate volte il diametro apparente della Luna piena! Nella stupenda immagine di JWST, è ben visibile la grande "cavità" situata all'interno della di questa nebulosa: un vuoto apparente che creato dalla potentissima radiazione delle giovani, calde e massicce stelle che costituiscono il superammasso stellare R136, visibile al centro della ripresa. Membro di questo gruppo stellare è R136a1, una tra le stelle più massicce e più luminose conosciute, la cui massa e luminosità sono rispettivamente in 215 e - occhio! - 6.200.000 volte i corrispettivi solari! Torneremo a parlare su questa stella in un altra pubblicazione.
Per quanto riguarda la nebulosa visibile in questa immagine, solo le sue aree circostanti più dense riescono a resistere, in un certo senso, all'erosione dei potentissimi venti stellari emessi da queste formidabili stelle; dal gas e dalle polveri che vengono così compresse, nascono nuove protostelle le quali, alla fine, emergeranno come luminosissime stelle che, a loro volta, continueranno a modellare la struttura della nebulosa. L'immagine è stata ripresa dallo strumento Near-Infrared Camera (NIRCam), principale camera di JWST che riprende la gamma di lunghezze d'onda in infrarosso tra 0,7 e 4,8 micrometri, adiacente alle frequenze della luce visibile.
Dal momento in cui il nostro occhio non è assolutamente in grado di rilevare la parte infrarossa dello spettro elettromagnetico, al fine di avere un'idea di come appaiano questi oggetti si ricorre all'espediente di attribuire determinati colori alle lunghezze d'onda dei filtri utilizzati dai sensori installati sul telescopio spaziale: il colore blu è stato quindi attribuito al filtro F090W, che riprende alla lunghezza d'onda di 0,9 µm; il verde al filtro F200W, che lavora a 2,2 µm; il rosso al filtro F444W, che lavora a 4,4 µm; infine, il rosso cupo al filtro F470W, che lavora a 4,7 µm, lunghezza d'onda alla quale emette l'idrogeno molecolare.
A lunghezze d'onda maggiori, quelle tra 5 a 28 µm catturate dallo strumento Mid-Infrared Instrument (MIRI), JWST è riuscito a svelare una visione ancora diversa rispetto a quella già affasciante di cui abbiamo parlato sopra: nell'immagine che pubblichiamo al centro di questa pagina, le giovani e stelle calde supermassicce, le componenti del superammasso stellare R136, svaniscono in brillantezza in quanto a tali lunghezze d'onda risaltano i gas incandescenti e le polveri. Cosa poco nota, l'abbondante presenza di idrocarburi contribuisce ad illuminare le nubi di polvere, che qui appaiono di colore blu e violaceo
(Image credits: NASA, ESA, CSA, STScI, Webb ERO Production Team)